La gita tanto attesa era finalmente arrivata.
Io e i miei compagni non vedevamo l’ora di arrivare, ma non sapevamo ciò che sarebbe successo. Era il 28 maggio 2023, il giorno in cui partimmo. Io, da ragazza creativa e fantasiosa, avevo immaginato diverse versioni di come sarebbe potuta andare quella gita.
Appena arrivati, sistemammo le nostre valigie. La prima fatica fu salire le scale per la quantità di cose che mi ero portata; c’erano quattro piani, le camere erano piccole e spesso le rendevamo disordinate, a tal punto che le donne delle pulizie si rifiutavano di pulirle. A noi non dispiaceva, perché girava voce di alcuni furti nell’albergo e io e le mie amiche pensavamo che potessero essere loro. Questa gita era incentrata sullo sport, sembrava perfetta per me che pratico pallavolo da tre anni quindi, quando ho saputo che ci sarebbe stato beach volley, mi sono precipitata ad iscrivermi. Le giornate le trascorrevamo tra vari sport e momenti di relax: il pranzo e la cena erano sempre un incubo, dato che il cibo non era dei migliori. Io sono molto schizzinosa e ho mangiato poco e niente. Il momento peggiore della giornata era la sera: inizialmente era divertente ma poi succedeva sempre qualcosa che rovinava tutto.
La prima sera è andato tutto abbastanza bene, a parte il caos persistente che mi impediva di dormire; io amo dormire e dover rimanere sveglia tutta la notte è stato traumatico, soprattutto perché già impiego molto tempo per alzarmi quando dormo tanto, figuriamoci quando non dormo!
La seconda sera è successo ciò che non ci saremmo mai immaginati: eravamo tutti molto sereni, intenti a passeggiare, aspettando l’apertura della discoteca, che poi non era neanche una discoteca, era semplicemente una console da cui veniva messa la musica per i balli di gruppo. Ad un certo punto si è sentito come il rumore di un vaso rotto. Ci siamo girati subito per vedere cosa stesse succedendo e abbiamo visto i vetri della porta a terra, e un prof… ferito! Lo hanno subito soccorso, ma alcuni di noi, soprattutto io, si sono spaventati talmente tanto da arrivare a piangere. Sono molto ansiosa, quindi immaginatevi la paura quando ho visto la scena.
L’ultimo giorno è passato nel migliore dei modi, fino a quando, prima di cena, abbiamo deciso di andare in spiaggia. Volevamo fare solo qualche foto al tramonto e saremmo tornati prima che i professori se ne fossero accorti. Il mare era tranquillo, solo qualche onda si infrangeva sulla spiaggia; un venticello piacevole ci scompigliava i capelli. Il cielo era stupendo e vedere tutti quei colori riflessi sull’acqua e il sole all’orizzonte che pian piano scompariva, mi riempiva di stupore. Facemmo le foto e tornammo verso il cancello dal quale eravamo passati, provammo ad aprirlo in tutti i modi, ma niente da fare; dall’altro lato c’erano dei ragazzi di un liceo che lo avevano chiuso per farci un dispetto, ci guardavano e ridevano. Li supplicammo di aiutarci, ma loro, senza rispondere nulla, se ne andarono. A quel punto andammo nel panico! E ora come avremmo fatto per tornare in hotel? Ci girammo intorno per cercare qualcosa che ci aiutasse ad aprire il cancello oppure una via di fuga: in spiaggia non c’era nessuno, erano tutti a cena, quando vedemmo una staccionata abbastanza alta e decidemmo di scavalcarla. Ci aiutammo l’un l’altro, finalmente ci riuscimmo e tornammo correndo in hotel. I professori ci chiesero dove fossimo stati fino a quel momento, noi rispondemmo che eravamo stati in giro per le camere e non ci eravamo resi conto di che ora fosse.
Eravamo pronti per andare a cena quando vedemmo arrivare i ragazzi che avevano chiuso il cancello, mostrarono ai professori i video che avevano girato mentre scavalcavamo la staccionata. Noi ci guardammo terrorizzati e non appena i ragazzi se ne furono andati, scoppiò il delirio.
Ci misero in punizione e subito dopo la cena, ognuno dovette tornare nella propria camera; dissero che avrebbero chiamato i genitori e che il giorno seguente nel viaggio di ritorno non ci saremmo fermati a visitare i posti stabiliti, ma saremmo tornati direttamente a casa.
Io non sapevo cosa dire a mia madre prima che la chiamassero i professori, perché ero certa che si sarebbe arrabbiata tantissimo.
Quella notte nessuno dormì per paura di ciò che sarebbe successo il giorno dopo.
La mattina seguente a colazione i professori dissero che per quella volta ci sarebbero passati sopra e tutto sarebbe continuato secondo i piani.
Tirammo un sospiro di sollievo e andammo a preparare le valigie.
Il racconto è stato scritto durante la settimana dello studente in un corso di SCRITTURA CREATIVA.
Anna Cellucci, Ginevra Orlandi (Classe I sez. D)
Davide D’Arpino, Riccardo Trombetta, Filippo Carnevale (Classe I sez. D)
Jacopo Alonzi (Classe I – sez. H)