È un dato di fatto che la civiltà odierna non tolleri la possibilità di fallire, tanto nella vita privata quanto in quella pubblica. Sebbene la cultura sia ricca di esempi di uomini e donne illustri che hanno scalato la vetta del successo solo dopo aver conseguito un clamoroso flop, l’ambizione personale porta ancora l’individuo a considerare il fallimento come una vergogna anziché come un momento fondamentale di rivoluzione.
È dalle ceneri del disastro che i veri “guerrieri” trovano la forza di rialzarsi. Anche il più grande fisico dell’età moderna, Albert Einstein, nella sua carriera sperimentò di persona l’amaro gusto dell’insuccesso. Tuttavia, insegnò al mondo intero la perseveranza.
Chi lo avrebbe mai detto che un genio come lui potesse trovare difficoltà nel far riconoscere il suo talento? La gente pensava che Einstein avesse un ritardo mentale perché cominciò a parlare a 4 anni e imparò a leggere con notevole ritardo rispetto ai suoi coetanei. Quel bambino apparentemente “lento”, ma dotato di una fantasia inesauribile, rivoluzionò il mondo con le sue scoperte e vinse, anni più tardi, il premio Nobel per la Fisica. Nella sua teoria della relatività, le grandezze fondamentali spazio e tempo cessano di essere idee assolute, ma diventano dipendenti dalla condizione di chi le osserva. Così come nella fisica, anche nella vita quotidiana ognuno ha il “suo tempo”.
Il nostro caro Albert ci ha insegnato meglio di chiunque altro che “ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”. È logico che un pesce non sia nato per inerpicarsi e non si può pretendere che si comporti come un gatto o uno scoiattolo perché passerà la sua vita a fallire, senza possibilità di riscatto. Non arriverà mai ai risultati sperati, smetterà di crederci, perderà l’autostima e non sarà in grado di rialzarsi e combattere nuovamente. Ognuno di noi è un genio a proprio modo: anche il pesce possiede il suo talento innato che nessuno potrà mai eguagliare ed è proprio su questa “inclinazione naturale” che si deve puntare per sfatare il mito dell’insuccesso.
È necessario ribaltare il paradigma di “fallimento” da evento negativo ad occasione di rinascita. Sapere di aver toccato il fondo e di essere giunti al limite delle forze è l’occasione migliore per darsi lo slancio vitale che consentirà di toccare con mano il paradiso.
Chiara Zuppetti