Kobe Bean Bryant (Philadelphia 23/8/1978 – Calabasas 26/1/2020)
Un anno dopo la ferita lasciata dalla tragica morte del cestista non si è minimamente rimarginata, il
vuoto da lui lasciato non è stato colmato neanche dall’anello conquistato dai Los Angeles Lakers lo
scorso ottobre. Il basket era nel suo dna, infatti, il padre Joe Bryant, detto Jellybean era un giocatore
dal Philadelphia 76ers, mentre lo zio materno, Chubby Cox, militava in NBA nei Washington
Bullets. All’età di due anni Kobe ebbe il primo contatto con la palla a spicchi, al termine di una
partita tra i San Diego Clippers e i Los Angeles Lakers, il centro più dominante di sempre, Kareem
– Abdul Jabbar, lo prese in braccio e iniziò a giocare con il piccolo; invece, a tre anni ricevette il
primo pallone da basket, dal quale non si separerà mai. Nel 1984 Jellybean accettò la chiamata dalla
Sebastiani Rieti, pertanto, tutta la famiglia si trasferì in Italia. Seppur interessato al calcio tifando il
Milan, il piccolo decise di seguire le orme del padre, iscrivendosi all’unica squadra di minibasket
della zona, dove i suoi compagni erano più grandi di lui; tuttavia, Kobe era molto più dotato di loro
e al fine di far giocare tutti, l’allenatore era costretto a toglierlo dal campo. Grazie ai numerosi
spostamenti di club del padre, il ragazzo iniziò ad amare l’Italia, tanto da tornarci frequentemente in
età adulta. Nel 1988 durante un semplice allenamento cadde a terra facendosi male ad un ginocchio,
scoppiò in lacrime, gli altri bambini non riuscivano a capire il perché di tale disperazione e Kobe
rispose “Non vi rendete conto che se mi faccio male non potrò andare a giocare in
Nba?”.Determinato a diventare un professionista. Grazie alle videocassette speditegli dai parenti in
America, ammirò e studiò il gioco di due colossi della palla a spicchi, Magic Johnson e Larry Bird.
Nel 1991 la famiglia tornò negli States, qui Kobe si iscrisse alla Lower Merion High School dove
venne subito inserito nel quintetto titolare della squadra di basket, gli Aces. Nel 1995 fu invitato ad
un allenamento dal coach dei 76ers, dove si dice abbia battuto in 1vs1 il rookie Jerry Stackhouse e
nello stesso anno portò gli Aces alla vittoria del titolo statale dopo più di quarant’anni; inoltre,
terminò l’esperienza nella High School superando Wilt Chamberlain e Lionel Simmons nella
classifica realizzatori in tutta la South Eastern Pennsylvania. Nel 1996 venne eletto come 13esima
pick al draft dai Los Angeles Lakers, franchigia dove giocò per tutta la carriera. Il numero scelto da
Kobe fu l’8, somma delle cifre del numero 143, indossato durante un camp dell’Adidas. Venne da
subito affiancato dall’all star Shaquille O’Neal. Nel febbraio 1997 Kobe fu chiamato allo Slam
Dunk Contest che vinse e da allora il coach della franchigia decise di aumentargli il minutaggio. La
svolta arrivò nel 1999 quando l’allenatore divenne Phil Jackson, coach Zen, che contava già otto
anelli, due vinti con i New York Knicks da giocatore, mentre i restanti sei come allenatore dei
leggendari Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen e Dennis Rodman. Nelle stagioni 1999
– 2000; 2000 – 2001; 2001 – 2002 i LAL compirono un meraviglioso three – peat, ossia tre stagioni
vinte di seguito. Durante gli anni Kobe ebbe l’occasione di giocare contro Michael Jordan e i due
strinsero un forte legame di amicizia, infatti, durante un’intervista Bryant definì Jordan come suo
fratello maggiore. Nel gennaio del 2006, contro i Toronto Raptors, scrisse la storia, segnando 81
punti. Tra il 2004 e il 2007 fu coinvolto in uno scandalo di stupro; tuttavia, le accuse caddero e nella
stagione 2007 – 2008 Kobe cambiò il numero sulla sua canotta, scelse il 24, creando il suo alter
ego, il Black Mamba, dominante sul parquet. Grazie al ritorno di Phil Jackson e all’innesto di Pau
Gasol, vinse gli ultimi due anelli della carriera nelle stagioni 2008 – 2009 e 2009 – 2010. In
occasione dell'ultima partita della carriera, il 13 aprile 2016, contro Utah segnò 60 punti. Nel 2017 i
Los Angeles Lakers hanno ritirato il numero 8 ed il 24. Nel 2018 dimostrò ancora il suo amore
verso il basket, infatti, realizzò il corto “Dear Basketball” con il quale vinse il premio oscar.
Ricordo che nel primo videogame di basket che ho avuto, il lontanissimo Nba2k3, la scelta del
giocatore con cui schiacciare ricadeva sempre sul Black Mamba; inoltre, ancora oggi giocando ad
Nba2K21, la mia opzione è sempre il 24 giallo viola.
Grazie per avermi fatto amare questo sport Kobe.
Edoardo Raggi