Anche l’ultimo mistero è stato svelato alla mente eccezionale che ha passato la vita a indagare i misteri dell’universo.
Lo scorso 14 marzo, Stephen Hawking ha lasciato la sua Cambridge, dove aveva occupato la cattedra lucasiana di matematica che già fu di Newton, per superare l’ultima frontiera della vita. Una vita non priva di difficoltà, ma anche piena di gioie, una vita di immenso valore per la scienza e per l’umanità, iniziata il quella stessa Inghilterra che ne ha visto l’ultimo atto, a Oxford l’8 gennaio 1942.
Appassionato di matematica fin da piccolo, Hawking ci ha offerto una visione inedita dei fenomeni più strani del cosmo. Di lui ricordiamo gli studi sulla termodinamica dei buchi neri,in cui seppe mescolare la teoria classica sull’entropia con la moderna quantistica. Rifacendosi al modello particella-antiparticella, dmostrò che questa coppia “fittizia” (perché in effetti le due componenti si annullano reciprocamente) può diventare una particella reale proprio nei pressi di un buco nero, che “risucchia” una delle due componenti della coppia neutra ed emette l’altra sotto forma della “radiazione Hawking”.
Al professore di Cambridge si deve anche la dimostrazione che l’universo può essere nato da una singolarità analoga a quella rappresentata dal centro dei buchi neri. Fu proprio lui a definire il Big Bang “un buco nero al contrario”.
Eccezionale divulgatore e, insieme alla figlia Lucy, persino scrittore di libri per ragazzi, era diventato un’icona della scienza moderna, capace quanto mai di appassionare,motivare e di alimentare la curiosità delle generazioni che ne hanno conosciuto il mito.
Addio, Stephen. La morte della tua stella lascia un buco nero che nulla potrà colmare, ma che continuerà a diffondere intorno quella radiazione che da te prende il nome. La scienza e l’intera umanità ti salutano con l’unica parola che si può dire davanti alla tua stupenda eredità: grazie.
La redazione scientifica dell’Eco di Leonardo