Un Nobel insolito quello con cui l’Accademia svedese ha premiato il risultato medico dell’anno. Il 2017 vede infatti il prestigioso riconoscimento assegnato ad una ricerca di cronobiologia, volta a spiegare i meccanismi chimici della risposta, comune a piante e animali, dell’organismo all’alternanza giorno-notte. Meccanismi a cui l’uomo non è affatto estraneo.
Anche se la tendenza dell’uomo a sentire lo stimolo del sonno dopo il tramonto è sotto i nostri occhi dall’inizio della storia umana, la prima osservazione della presenza di ritmi circadiani (dal latino circa dies, “attorno al giorno”) nelle altre specie viventi è stata effettuata relativamente di recente, nel 1700, da Jean Jacques d’Ortous de Mairan. Egli osservò che le piante di mimosa chiudono le foglie di notte per riaprirle di giorno, non solo in presenza di un cambiamento di intensità della luce solare, ma anche in un ambiente tenuto in condizioni di luminosità costante (come, ad esempio, una stanza buia). Questo lo portò ad ipotizzare che la mimosa avesse un orologio biologico interno adattatosi sul ciclo notte-giorno, che permette di riconoscere il momento della giornata senza bisogno di rifarsi a stimoli esterni.
Più di recente, nel tentativo di spiegare questi comportamenti in gran parte degli organismi viventi, negli anni ’70 del secolo scorso, Seymour Benzel e Ronald Konopka studiarono i moscerini della frutta e individuarono un gene, che chiamarono Period, responsabile del ritmo circadiano.
Le loro ricerche sono state riprese dai vincitori del Nobel della Medicina 2017.
Lavorando anch’essi con i moscerini della frutta, una specie che si presta molto all’uso di laboratorio, i tre ricercatori hanno per la prima volta isolato il gene Period. Inoltre, hanno condotto degli studi sulla sua proteina codificata, che gli studiosi hanno battezzato PER. Proprio gli esperimenti condotti su questa proteina hanno portato ad identificarla come la responsabile della fisiologia dei ritmi circadiani: è stato osservato, infatti, che PER compare durante le ore notturne e si degrada in quelle diurne.
Questo risultato non era ancora sufficiente per spiegare la precisione dell’orologio biologico, fino alla scoperta dei geni Timeless e Doubletime. Mentre la proteina TIM (da Timeless) si lega a PER, la proteina DBT (Doubletime) ne controlla l’accumulo, garantendo la precisione dell’orologio biologico.
La biologia circadiana potrebbe avere un forte impatto sulla vita odierna: molte situazioni che sconvolgono i ritmi del sonno e della veglia potrebbero essere riconsiderate per diminuire il disagio causato all’organismo. I turni di notte potrebbero essere gestiti e controllati anche da un punto di vista medico, umanizzando l’attività produttiva che troppo spesso non bada alla fisiologia dei dipendenti. Dimostrato che dormire di giorno non basta per restare svegli e vigili la notte, molti metodi attualmente in uso potrebbero rivelare i propri rischi per la salute. Non ultima, la sempre più popolare e pubblicizzata abitudine di prolungare le serate di divertimenti fino a “così tardi da essere presto”. Il jet-lag, poi, che è forse la più famosa applicazione pratica degli scompensi cronobiologici, potrebbe essere curato o prevenuto con metodi innovativi sviluppati nel prossimo futuro.
La scoperta di Hall, Rosbash, Young e colleghi potrebbe essere davvero il preludio per la nascita di una scienza dalle grandi prospettive applicative e con una grande importanza nel miglioramento del benessere umano.
Davide Ferri