Le baracche
Mentre ero assopito sulla panchina del parco adiacente alla piazza XIII Gennaio, mi è arrivata all’improvviso una pallonata e subito dopo si è avvicinato un bambino che mi chiedeva scusa e si riprendeva il suo pallone. Avevo intenzione di sgridarlo, ma poi ho visto tutti quei ragazzi allegri giocare a calcio nel nuovo campetto che mi è venuto in mente il tempo in cui anch’io ero ragazzo …“Mi ero appena svegliato quando, verso le ore 7.50, udii un boato pauroso, tutto tremava intorno a me, i muri sembravano spaventosamente animarsi ; immediatamente scappai fuori e vidi le case crollate , polvere e detriti dappertutto, le persone gridavano e fuggivano via. In venti secondi ci fu l’inferno. Era il 13 gennaio del 1915 . Si trattava del tragico terremoto della Marsica tra i più spaventosi che si ricordino in Italia (30.000 morti totali)e che aveva causato da noi ben 265 morti e centinaia di feriti e distrutti quasi totalmente gli edifici del centro della città. Sora versava in uno stato di completa distruzione, così come era scritto anche sulle prime pagine di tutti i giornali italiani. Nella zona di via Napoli venne costruito un baraccamento su un’area vastissima; nelle file delle baracche con strade ben aggiustate e con dossi per raccogliere l’acqua piovana vennero alloggiati gli scampati del terremoto tra cui la mia famiglia. In quelle baracche c’eravamo tutti: ricchi, poveri, artigiani, artisti. Sorsero locali come: caffè, cantine, botteghe di generi alimentari ed anche la scuola ed un asilo. Era il nuovo paese. La nostra vita sorana dopo il terremoto ricominciava lentamente a ripartire. Proprio lungo la via Napoli e nelle vie laterali, vennero costruiti molti fabbricati e, alla mia famiglia, fu assegnato un quartino ,così venivano chiamati gli appartamenti. Tra i dossi io mi divertivo a giocare e conoscevo bene il posto e tutti quelli che vi abitavano soprattutto i loro soprannomi. Per esempio il caffè di “Cacazzòna”, “Edeuàrde je sghebbate”, un calzolaio bravissimo che faceva le scarpe a mano, con cuciture da abile maestro, “Mèse Mùnne”, un fabbricante di chitarre, mandolini e violi, brillante suonatore e grande artista nel suo genere; “Mo’ M’assette”, bravissimo ombrellaio; “Ceccone”, abilissimo nel confezionare i finimenti per cavalli; “Facciabella”, conoscitore di cavalli, abile guidatore di carrozze; “Cianfregna” bravo nel costruire botti e sedie impagliate. Vicino la porta di casa avevano i loro banchi e gli attrezzi da lavoro. Nelle giornate di sole, in primavera, ogni artigiano lavorava all’aperto vicino la propria baracca. Non mancavano di certo suoni di strumenti a corda e a fiato come il trombone di “Gragnane”. Nonostante la comune miseria che abbondava tra le nostre famiglie, le persone erano serene e felici. Le famiglie dicevano il rosario, Dio era in ogni dove, nel lavoro, nelle baracche, nei cuori e sulle bocche di tutti, ad alcuni fin troppo in forma di bestemmia. La sera le traverse delle baracche erano illuminate da piccole lampade che spesso venivano rubate. I gabinetti sono all’esterno al centro di due file di baracche e per fare bisogni si usava lo “Zì Peppe”. Io avevo molta paura di notte perché mi immaginavo la presenza degli spiriti, “la Pantasena” (fantasma),”je babbacéglie (folletto dispettoso) e “je lupepenàre” (lupo mannaro) ma non avevo certo paura dei ladri perché questi non potevano rubare nulla, vista la miseria che c’era in ogni baracca.”
Nel dopoguerra esso divenne con il passare degli anni un quartiere in parte degradato anche se molto colorito, vivace, popolare e simpatico.Dopo 102 anni da quel giorno le casette non esistono più, sono state gradualmente demolite. E ora ci sono fabbricati, un bel parco giochi con una fontanella, un campo di calcio,ampi parcheggi e appartamenti tanti quanti sono i nipoti dei vecchi terremotati del 1915.
ALUNNO: Tomei Andrea
CLASSE 3a
ISTITUTO COMPRENSIVO 3 SORA
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO “E.FACCHINI”-SORA (FR)
DOCENTE:ESTER PISANI
CENTE: Ester Pisani